Michelangelo senza braghe la censura del Giudizio Universale
Michelangelo senza braghe: tra Giudizi Universali e Divine Censure
Michelangelo senza braghe la censura del giudizio universale
La malizia, si sa, è spesso negli occhi di chi guarda, probabilmente fu questa la frase che Michelangelo proferì quando dovette difendere il suo operato da un giudizio ben poco universale. È innegabile che ognuno possegga implicitamente una propria idea di Divino e di ciò che è bene o male, ma probabilmente quella proposta dall’artista si dimostrò fin troppo audace per l’epoca, i committenti, a cui era rivolta. Un pubblico più incline ai giudizi moraleggianti che spirituali, che giudicò quei corpi meravigliosamente nudi più adatti a decorare l’interno di un postribolo, che il trono di Dio in terra. Certo, il compito assegnatogli era decisamente arduo, Come descrivere un’anima? Come descrivere l’incorporeo? Quei corpi nudi immaginati da Michelangelo non avevano nulla di carnale né di terreno ma rappresentavano la vera essenza della spiritualità. Anime spoglie, libere da qualsiasi orpello o vezzo, che si presentavano al cospetto del loro creatore, lasciando sulla terra ciò che le rendeva terrene. Nulla di osceno dunque, eppure ciò non impedì di deturpare quei corpi nudi con delle pudiche mutande, utili a renderli più casti, a parer di certi bigotti. Questa era l’epoca della Riforma luterana, l’epoca che precedeva il Concilio di Trento e la Controriforma, grazie al quale la chiesa riaffermava dogmaticamente la propria superiorità respingendo con forza ogni opposizione. Dopo circa quattro anni d’intenso lavoro pressoché solitario dell’artista, la grande parete era finalmente resa visibile al pubblico, un pubblico di preti, religiosi e pie donne insomma un pubblico di clericali, in odore di redenzione, ansiosi di assaporare per un instante beatitudine e santità, desiderosi di cancellare con un colpo di spugna le accuse di paganesimo. Così il sipario si aprì e ciò che scorsero fu il caos, un vero “Dies Irae”. Dio giudice nudo e atletico, il Cristo privo di barba, santi senza aureola, angeli privi di ali, e infine l’indebita licenza poetica rappresentata dal traghettatore di anime Caronte. Nessuna facile morale, né buoni né cattivi, tutti sono colpevoli tutti possono essere salvati. La libera interpretazione iconografica non passò certo inosservata e il grande affresco, diventò in un attimo lo spartiacque di due momenti storici, osannato dagli uni, duramente contestato dagli altri non certo per l’indubbio valore artistico, ma piuttosto per quei corpi nudi. Su di esso si scaricarono tensioni culturali e politiche che oltrepassano i ristretti confini dell’arte. L’accusa venne ripresa da molti e divenne efficace quando nel 1545, la fece sua cinicamente Pietro Aretino, scrittore blasfemo, irreligioso, spesso osceno, che così tuonò: “È possibile che voi, aviate ciò fatto nel maggio tempio di Dio?”. L’ostilità nei confronti del Giudizio Universale non si limitò ad attacchi verbali o epistolari, pare che tre papi abbiano progettato di distruggere l’affresco; ma se il provvedimento estremo fu evitato grazie al prestigio di cui godeva meritatamente l’artista, non si poté impedire l’osservanza di un decreto, espressamente votato dal Concilio tridentino. Il 21 gennaio 1564, meno di un mese prima della morte dell’artista, la Congregazione, dispose di far coprire le oscenità del Giudizio con panni o braghe, si attese che Buonarroti passasse a miglior vita, affidando l’ingrato compito a Daniele da Volterra, un artista per di più, molto legato a Michelangelo, che finì col guadagnarsi l’epiteto di Braghettone. Tanto apparve scandaloso il povero San Biagio, reo di ammirare maliziosamente la sacra schiena della collega, che non fu sufficiente rivestire di tutto punto la voluminosa nudità di Santa Caterina, ma si pretese una soluzione più drastica: la testa di San Biagio venne scalpellata via e ridipinta in modo tale che non fosse più rivolta verso la santa ma in direzione del Cristo giudice. Sebbene deturpato dalle aggiunte posticce, danneggiato dai secoli, annerito dal fumo delle candele, l’affresco resta sempre un caposaldo dell’arte italiana. Così Michelangelo autodidatta, mistico, e geniale artista concepì il suo Giudizio al cospetto del Creatore, ed è così che deve essere contemplato. michelangelo senza braghe la censura del giudizio universale, michelangelo senza braghe la censura del giudizio universale, michelangelo senza braghe la censura del giudizio universale, michelangelo senza braghe la censura del giudizio universale, michelangelo senza braghe la censura del giudizio universale censura, michelangelo senza braghe la censura del giudizio universale censura, michelangelo senza braghe la censura del giudizio universale
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